Molte volte quando andiamo a fare la spesa in discount o
hard discount riteniamo che la qualità dei prodotti sia leggermente inferiore
rispetto agli standard della GDO affermata soprattutto perché non troviamo le
marche di riferimento che a seguito della comunicazione pubblicitaria
effettuata dai media siamo abituati a riconoscere. Molto spesso però se
guardiamo i dati di fabbricazione di marchi sconosciuto con sorpresa vedremo
che sono stati prodotti e confezionati da aziende leader.
Questo perché l’insegna sta adottando una marca commerciale
o private label che dir si voglia.
Ma perché vengono utilizzate queste marche commerciali?
I distributori hanno utilizzato diverse
modalità per ‘consegnare’ agli acquirenti i prodotti a private label,
introducendo molte alternative di branding finalizzate a rendere più o meno
trasparente l’associazione con il nome dell’insegna. In genere, un distributore
preferisce ricorrere a private label di fantasia, non identificabili, quando
desidera svincolare le performance di prodotto da quelle
d’insegna. Viceversa,
riproduce la stessa marca d’insegna dopo essersi sperimentato con successo in
prodotti affidabili che non rischiano di danneggiare l’immagine. Nell’ambito di
questa distinzione, sono sorte molteplici ‘tipologie’ di private label:
Marche di fantasia: sono proposte insieme a brand industriali
e si propongono di non rendere percepibile l’attività di integrazione
ascendente del distributore. Questa soluzione è adottata quando l’impresa
commerciale ritiene di non riuscire a garantire standard di qualità adeguati e
costanti.
Generici semplici: in questo caso prodotti senza nome sono
inseriti in assortimento in un’ampia varietà di categorie merceologiche a
prezzi particolarmente convenienti. L’offerta di alternative di primo prezzo
non viene però accompagnata da un’assunzione di responsabilità sulle
performance dei prodotti. Il messaggio del distributore è quindi di ‘servizio’,
l’approfondimento dell’assortimento offre all’acquirente sensibile al prezzo la
possibilità di preservare potere d’acquisto, ma a suo ‘rischio e pericolo’.
Generici garantiti: sono stati introdotti da Carrefour, che
con un packaging anonimo ma contrassegnato dai colori d’insegna, si impegnava,
a metà degli anni settanta, a garantire standard qualitativo e performance di
prodotto ad un prezzo inferiore di circa il 30% rispetto ai principali brand
industriali. E’ stata un’innovazione di marketing importante che ha mutato in
modo sostanziale le relazioni industria-distribuzione. Carrefour nello
specifico chiedeva affidamento fiduciario dei propri acquirenti e giustificava
il minor prezzo con l’annullamento e/o la compressione radicale dei costi
legate alle attività di marketing e comunicazione dei produttori. Ad oggi i
generici garantiti sono utilizzati anche dai discounter per il trading up della
forma commerciale.
Marche di fantasia di assortimento: in questo caso esiste un unico brand che
accompagna differenti categorie merceologiche e che quindi rende palese
l’intervento del distributore e la sua disponibilità a farsi garante delle
proposte commerciali. Queste marche sono in genere posizionate ai livelli di
prezzo dei leader industriali e ben si prestano ad essere introdotti anche
nella distribuzione organizzata, la frequente struttura multi-canale poco si
presta all’introduzione della private label.
Marca d’insegna affiancata alla marca
industriale: prevede
l’accordo del produttore e del distributore per un’attività di co-branding. E’
un’operazione che riduce la possibilità di realizzare gli obiettivi tipici che
l’introduzione della private label in genere si propone. Piuttosto appare come una
scelta importante finalizzata soprattutto a garantire differenziazione
dell’assortimento e fidelizzazione della clientela.
Marca coincidente con l’insegna: in questo caso il distributore si fa
garante dei prodotti proposti. La completa sovrapposizione è segnale di una
forte consapevolezza degli standard richiesti dagli acquirenti e, per questo,
viene proposta prevalentemente in categorie a rischio basso, al fine di evitare
riflessi negativi sull’immagine d’insegna;
Marca dell’insegna affiancata ad una marca
di fantasia: la sola marca
d’insegna può impedire una corretta comunicazione all’acquirente, soprattutto
quando la sua diffusione coinvolge molteplici categorie merceologiche. Per
render quindi più chiara la percezione delle funzioni d’uso e dei segni di
valore del prodottovengono utilizzate marche di fantasia. E’ il caso dei
prodotti Crescendo, Biologici ecc. della Coop. Molte insegne hanno avviato un
percorso di inserimento delle marche commerciali cercando di evitare inizialmente
l’associazione con l’insegna; solo in seguito in concomitanza col
raggiungimento di standard di prodotti adeguati hanno reso evidente
l’associazione marca insegna. In conclusione è evidente che la marca
commerciale può essere proposta con alternative di branding anche molto
distanti tra loro. La diffusione del fenomeno in molte categorie merceologiche
dovrebbe rendere evidente che la semplice valutazione dei margini realizzati per ciascun prodotto a marca
commerciale è riduttiva e che occorrono misure
ed indicatori di performance che riescano a descrivere l’impatto delle
scelte strategiche legate alle private label sul posizionamento competitivo
d’insegna e sui risultati e gli obiettivi economico/finanziari di medio–lungo
periodo.
Come avrete ben capito molteplici sono gli
utilizzi della marca commerciale ma questo non vuol dire che il più delle volte
questi prodotti siano di qualità inferiore a quelli ben più noti e
referenziati.
In alcuni tipi di prodotti la produzione è
talmente monopolizzata che pochissime imprese si dividono il mercato e quindi
la produzione passa per forza attraverso esse.
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